Il lockdown legato al coronavirus sta ormai terminando in diversi Paesi del mondo ed è quindi giunto il momento di tirare un bilancio su quali sono stati gli effetti che questo provvedimento ha avuto sull’ambiente ed in particolare quale sarà l’effetto sulla concentrazione di gas serra, in particolare anidride carbonica, in atmosfera.
Dopo tre anni consecutivi di crescita, nel 2019 le emissioni di anidride carbonica in atmosfera sono rimaste invariate rispetto all’anno precedente: la crescita è stata zero a fronte di un aumento del PIL mondiale di circa il 3%. Sicuramente una buona notizia, sebbene il motivo reale di questa riduzione sia da imputare più agli effetti di un progressivo abbandono del carbone da parte dei paesi industrializzati (Unione Europea, Stati Uniti e Giappone), che ad una riduzione su scala globale. In altre parole, le emissioni non sono aumentate, perché i paesi più ricchi hanno emesso di meno compensando così l’aumento registrato nei paesi in via di sviluppo.
Effetto del lockdown sulla concentrazione di anidride carbonica? In una recente indagine pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Climate Change, un gruppo di ricercatori ha cercato di stimare l’impatto del lockdown sulle emissioni di gas serra analizzando come è cambiata l’attività nei settori che più di tutti contribuiscono ad immettere anidride carbonica in atmosfera: produzione di energia elettrica (44.3%), industria (22.4%), trasporto di superficie (20.6%), edifici pubblici e commercio (4.2%), residenziale (5.6%) ed aviazione (2.8%).
La pandemia scatenata dal nuovo coronavirus ha determinato una forte riduzione delle attività umane: il settore dell’aviazione ha registrato una diminuzone fino al 90%, la domanda di energia in Europa ha subito una contrazione fino al 20% così come il settore del carbone in Cina (-37%) e dell’acciaio negli Stati Uniti (-32%).
E’ inevitabile che queste variazioni negative abbiano provocato una diminuzione delle emissioni di gas serra. Gli effetti del confinamento hanno portato ad una decrescita delle emissioni giornaliere globali di CO2 del 17% (fino al 7 Aprile 2020) rispetto al livello medio di emissioni del 2019. Andando ad analizzare nel dettaglio i singoli settori oggetto dello studio, si osserva che le emissioni globali dal trasporto di superficie sono crollate del 36%. Questo ha fatto sì che proprio questo settore sia stato quello che ha contribuito maggiormente alle riduzioni complessive di CO2 (43%). Le emissioni sono scese del 7.4% nel settore dell’energia e del 19% nel settore dell’industria. Complessivamente questi settori hanno contribuito per l’86% alla riduzione totale di anidride carbonica osservata durante il lockdown. Anche il blocco totale degli aerei ha portato ad una contrazione del 60% delle emissioni, sebbene il peso specifico sul totale si attesti intorno al 10%. Un inevitabile aumento è stato registrato nel settore residenziale (+2.8%).
Come andrà da qui alla fine dell’anno? I ricercatori spiegano che, in assenza della pandemia, i livelli di anidride carbonica nel 2020 avrebbero dovuto essere simili a quelli del 2019. A seconda di come evolverà la pandemia e dell’orientamento delle politiche dei diversi Paesi che potrebbero adottare politiche di lockdown più o meno stringenti, la riduzione di CO2 rispetto all’anno precedente dovrebbe attestarsi tra il 4 ed il 7%. Soffermarsi su questi numeri risulta fondamentale: sono infatti proprio questi i tassi di decrescita a cui dobbiamo ambire annualmente da qui al 2030 per raggiungere gli obiettivi di Parigi. In caso contrario, le temperature entro la fine del secolo, potrebbero essere fino a 3°C superiori rispetto a quelle del periodo pre-industriale.
Da questa crisi possiamo capire molto sulle strategie di azione per raggiungere questi obiettivi e laddove noi, come individui, possiamo fare la differenza. Per esempio, il trasporto di superficie è stato indicato come il responsabile della metà della riduzione delle emissioni registrate durante il lockdown (46%). Preferire quindi il telelavoro, i mezzi pubblici o la bicicletta rappresenta un’alternativa concreta ed efficace per ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra. Per questo, le grandi metropoli dovrebbero adeguarsi fin da subito per rivoluzionare la mobilità alternativa e sostenibile. Naturalmente queste azioni dovrebbero essere accompagnate da politiche di decarbonizzazione sempre più incisive ed aggressive soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In caso contrario, le emissioni già dal 2021 potrebbero risalire del 5.8%, come stimato dal Fondo Monetario Internazionale.
Sarà quindi fondamentale valutare attentamente quali strategie saranno intraprese per la ripartenza post-lockdown. Una ripartenza che ci dirà molto su quello che sarà il futuro del nostro Pianeta.
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